La legge di conversione del decreto Milleproroghe ha introdotto una nuova proroga della durata dei voucher per i pacchetti turistici. Solo alla scadenza, se non saranno utilizzati, sarà possibile chiedere il rimborso
La legge di conversione del decreto Milleproroghe ha introdotto ha portato da 24 a 30 mesi la durata dei voucher per i pacchetti turistici. Il voucher, riconosciuto a fronte della mancata fruizione per ragioni legate alla pandemia di contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, o terrestre, contratti di soggiorno e contratti di pacchetto turistico, in base alla normativa attuale è considerato un’alternativa legittima al rimborso da parte dell’agenzia di viaggio o della compagnia aerea. L’obbligo di rimborso scatta attualmente solo al termine del periodo di validità del voucher, in caso di mancato utilizzo. Con la norma introdotta nel decreto Milleproroghe il consumatore che non ha intenzione di avvalersi del voucher di fatto dovrà aspettare altri sei mesi per passare all’incasso. Di qui l’ira dei consumatori.
Confconsumatori definisce l’ulteriore proroga della durata dei voucher «un ulteriore atto di ostilità del legislatore nei confronti delle famiglie già in difficoltà per i mancati rimborsi e per gli aumenti generalizzati in atto dei costi di beni e servizi». Famiglie che «approssimandosi la scadenza dei 24 mesi, si apprestavano a chiedere il rimborso, mentre questo ennesimo prolungamento li costringe ad aspettare altri sei mesi».
Per l’associazione ci sono gli estremi per richiedere per l’Italia «l’apertura di una nuova procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea. Infatti, quella aperta a suo tempo per la normativa voucher si era poi conclusa con un’archiviazione, in quanto la Commissione ha ritenuto che la normativa emergenziale adottata dall’Italia, seppur dilatando le tempistiche, non avrebbe privato in toto i consumatori del diritto al rimborso monetario previsto dalla normativa europea. Tuttavia, sulla base delle proroghe intervenute, quest’ultima e quella precedente da 18 a 24 mesi, i presupposti su cui si è fondata l’archiviazione da parte della Commissione Europea nel 2020 non solo sono venuti meno ma, di fatto, sono statti elusi».