Marco Mottola è uno dei principali indagati nell’omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce scomparsa il primo giugno del 2001 da Arce e trovata cadavere due giorni dopo in un bosco a otto chilometri da Arce.
Una vicenda terribile che per 21 anni è stata avvolta dal mistero. Un giallo che sembra essere giunto alla svolta solo di recente grazie al lavoro della Procura della Repubblica di Cassino che ritiene di aver individuato gli autori di quell’omicidio.
Marco Mottola, suo padre Franco ex Comandante della caserma dei Carabinieri di Arce e la moglie Annamaria, sono tutti e tre accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Il pubblico ministero, Maria Beatrice Siravo, ha chiesto la condanna a 30 anni per Franco Mottola, a 24 anni per il figlio Marco e a 21 anni per Anna Maria Mottola.
Ma nell’assassinio, secondo le risultanze investigative ci sono anche altri coinvolgimenti. La pubblica accusa ha chiesto, invece, per l’appuntato Vicenzo Quatrale accusato di concorso esterno in omicidio, una condanna a 15 anni di reclusione mentre per l’appuntato Francesco Suprano che risponde di favoreggiamento sono stati chiesti 4 anni di reclusione.
Oggi Marco Mottola ha 40 anni e gestisce un’attività commerciale a Venafro in Molise, nel lontano 2001, però era conosciuto in paese come uno spacciatore e sembra che la mattina della sua scomparsa Serena fosse decisa a denunciarlo, perciò era andata in caserma.
E sembra, dalla ricostruzione resa dagli inquirenti e dai consulenti di parte, che la 18enne sia stata uccisa proprio all’interno della caserma e che Marco sia il principale indagato. Ma su questo punto la difesa del 40enne ha dichiarato: “Non c’è prova, non c’è riscontro di niente”.
A sostenere la colpevolezza dei Mottola, oltre alla famiglia Serena, era il brigadiere Santino Tuzi, morto suicida nel 2008. Nella sua deposizione, il brigadiere dichiarò di aver visto la ragazza entrare nella Caserma dei Carabinieri. Dopo pochi giorni, nel 2008, il suo corpo venne ritrovato senza vita, si era tolto la vita.
Sin dal giorno della scomparsa di Serena e fino alla sua morte nel maggio del 2020 il papà della ragazza Guglielmo Mollicone, ha cercato la verità. L’uomo denuncio la scomparsa della figlia proprio nella Caserma dei Carabinieri in cui poi si sarebbero concentrati i sospetti.
Dopo due giorni di silenzio e di ricerche, il 3 giugno il cadavere di Serena fu trovato da una squadra di volontari della Protezione Civile nel boschetto di Fonte Cupa, a 8 chilometri da Arce. Il corpo della 18enne era adagiato in posizione supina e coperto con rami e fogliame, fu rinvenuto nascosto dietro un contenitore metallico di grandi dimensioni. La testa era avvolta in un sacchetto di plastica e aveva una vistosa ferita vicino all’occhio sinistro, mentre mani e piedi erano legati con scotch e fil di ferro. La causa della morte fu attribuita a un’asfissia meccanica, per via di naso e bocca avvolti da più giri di nastro adesivo.
Ma il processo è alle battute conclusive, in breve il Collegio della Corte d’Assise dovrebbe pronunciarsi con sentenza. Un pronunciamento che dovrebbe arrivare il 14 luglio.
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