Sedi suggestive, un territorio unico al mondo e una stagione che bussa alle porte: sono questi gli ingredienti di “Il tartufo tra ‘natura’ e ‘cultura’. Passato, presente e futuro di una risorsa polivalente”, la tre giorni di appuntamenti organizzata ad Alba nella seconda decade di settembre per celebrare sua maestà il tartufo.
Il convegno internazionale, coordinato dalla professoressa Irma Naso, che presiede il Centro studi CeSA per la storia dell’alimentazione e della cultura materiale, è stato organizzato in concomitanza con l’ apertura della stagione destinata alla cerca e cavatura del tartufo. Una pratica che da queste parti è tradizione e passione: uomini e cani, alberi e territori, una commistione così unica che ha convinto l’Unesco a inserirla nell’elenco dei beni culturali immateriali da tutelare. Studiosi e accademici di alto profilo sono stati invitati a tracciare una storia inedita del tartufo, lontana dagli stereotipi, ma soprattutto per mostrare prospettive, pratiche, rappresentazioni simboliche, linguaggi, ordinamenti, ricadute economiche. Il turismo enogastronomico in queste zone non è una novità ma una tradizione che deve però proseguire salvaguardando il territorio dalle offensive di un clima impazzito e da un futuro enigmatico.
La tre giorni si terrà il 22, 23 e 24 settembre al Palazzo Banca d’Alba in via Cavour 4 e al Castello di Grinzane Cavour. L’accesso all’evento, patrocinato dall’Accademia di Medicina di Torino, è libero (consigliata l’iscrizione a https://centrostudicesa.org/2022/07/22/tartufo/).
Da secoli storia e tradizione perpetuano l’immagine di prodotto d’eccellenza e simbolo della gastronomia di molte aree della Penisola, a partire proprio dal triangolo Langhe, Roero e Monferrato. Al di là della sua fruizione a tavola, connotata dalla classica ritualità che contribuisce a esaltarne il mito, il tartufo rappresenta una risorsa poliedrica con aspetti non convenzionali e assai meno conosciuti al di fuori della cerchia degli esperti.
Già nel 1776 l’accademico torinese Giovanni Bernardo Vigo in un poemetto latino pubblicato a Torino nel 1776: i tubera terrae, tratti dal profondo grembo della terra “ov’ella li nutrica, e asconde”, scriveva che i tartufi “delizie sono delle mense con lusso imbandite”.
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